Passata la pausa festiva,
ho deciso di analizzare, come vi avevo scritto nello scorso post, un articolo
molto interessante riguardante una caratteristica particolare delle Isole
Azzorre: le concrezioni presenti nelle grotte vulcaniche dell’Isola di Terceira.
Più precisamente, il
titolo originale dell’articolo (se qualcuno volesse leggerlo) è: bioconstructions in ochreous speleothems
from lava tubes on Terceira Island (Azores), ovvero biocostruzioni negli
speleotemi ocracei dei tubi di lava dell’Isola di Terceira (Azzorre). Tutte le informazioni e le immagini contenute in questo articolo provengono da lì.
Per effettuare questo
studio i ricercatori spagnoli e portoghesi hanno scelto una grotta
caratteristica, la grotta di Buracos. Questa si sviluppa in un lava tube,
ovvero un condotto lavico ora non attivo, sull’isola di Terceira. L’isola
comprende 4 vulcani poligenetici, Pico Alto, Santa Bárbara, Guilherme Moniz e
Cinco Picos; un vulcano viene detto poligenetico quando si costituisce non in
seguito ad un’unica eruzione ma per eruzioni successive, in genere separate da
tempi anche molto lunghi. I vulcani di Terceira, in particolare, sono stati
attivi per gli ultimi 50.000 anni.
La grotta di Buracos è
situata nel campo di lava di Malha Grande, sul fianco nord del vulcano Santa
Barbara, ed è un segmento isolato del lava tube Gruta dos Balcoes, la caverna
più lunga di Terceira.
Il nome (Buracos=buchi)
deriva dal fatto che a tetto del condotto si aprono verso l’esterno molte
cavità e pozzi, infatti la grotta si sviluppa a solo 2-3 m di profondità dalla
superficie.
La roccia nella quale si
sviluppa il condotto è formata soprattutto da piroclasti, tra i quali pomice
formatasi in seguito ad un’eruzione 3000 anni fa e lapilli basaltici associati
ad un eruzione del 1761 aC, e flussi di lava basaltici di composizione
variabile. Questi sono generalmente basalti porfirici olocristallini, cioè composti
da alcuni grandi cristalli immersi in una pasta di fondo (struttura porfirica), che però non è vetrosa o amorfa ma
cristallina microgranulare, formata cioè da cristalli così piccoli che ad
occhio nudo non si distinguono (struttura
olocristallina).
A chi ha qualche
conoscenza di mineralogia, potrebbe interessare che i macrocristalli sono di
clinopirosseno e olivina, mentre la matrice è formata da microcristalli di
plagioclasio aciculare, olivina, clinopirosseno e qualche scarso opaco (cioè
minerali che al microscopio ottico non fanno passare la luce, come per esempio
la maggior parte dei minerali metallici).
Carta geologica dell'isola di Terceira. I diversi colori si riferiscono a diversi flussi lavici. In rosso la posizione della grotta di Buracos, sul campo di lava Malha Grande. |
Fatta questa premessa,
veniamo al dunque. All’interno della grotta di Buracos, come in ogni grotta che
si rispetti, si trovano parecchi speleotemi di ogni tipo, comprese stalattiti,
stalagmiti, colonne e flow-stone.
La particolare ricchezza e
grandezza di queste concrezioni non stupisce, vista la grande quantità di acqua
percolante presente in grotta: questa è infatti sovrastata da rocce basaltiche
e terreno vulcanico ricco in acqua per la maggior parte dell’anno. Inoltre
nella grotta la temperatura rimane stabile attorno ai 14°, il tasso di umidità
è molto alto tutto l’anno, e durante il periodo delle piogge si hanno
infiltrazioni dal tetto della grotta che contribuiscono a formare le
mineralizzazioni.
Gli speleotemi della
Grotta di Buracos presentano laminazioni rosse e arancio. Le stalattiti e le
stalagmiti sono particolarmente abbondanti, e spesso formano colonne o mura. Le
stalattiti si trovano spesso allineate lungo le fratture, mentre i flow-stone,
che raggiungono anche 20-30 cm di spessore, coprono completamente le pareti e
il pavimento della grotta.
La diversa consistenza della
superficie permette il riconoscimento delle formazioni attive e inattive: se
una formazione è attiva, infatti, si sfalda facilmente quando viene toccata.
Speleotemi di caratteristico color ocra-rossiccio della grotta di Buracos. (A) Stalattiti e stalagmiti. (B) La parte apicale di una piccola stalattite. (C) Stalattiti allineate lungo una frattura. |
Ma la vera particolarità
di questi speleotemi è che vi si è riscontrata la presenza di colonie di
microorganismi che contribuiscono alla loro formazione sia in modo attivo
(tramite biomineralizzazione, bioprecipitazione e alterazione del substrato di
roccia) che in modo passivo (tramite una reazione nella quale la membrana
cellulare ed il materiale extracellulare dei microbi fungono da superficie di
nucleazione –cioè di formazione di cristalli-). Inoltre i batteri ossidanti
prendono parte attivamente al ciclo di riduzione del ferro o di precipitazione
di ossido di ferro in condizioni ossiche o anossiche (in presenza o in assenza
di ossigeno): a pH neutro i microorganismi precipitano quattro volte
tanto ferro ossidato –Fe(II)- rispetto alla precipitazione inorganica. In
ambiente neutro quindi i microorganismi sono importanti mediatori
dell’ossidazione del Fe(II), e dalle analisi chimiche sulle acque in roccia,
esse sono risultate a pH 5,5.
Non sono state stabilite
esattamente le specie responsabili di questo processo, ma si è notato come
alcune comunità, per esempio Gallionella
ferruginea e Leptothrix ochracea
entrambe presenti a Buracos, ne sono generalmente associate. Lo stesso si è
verificato in esperimenti fatti in laboratorio.
Gli autori quindi hanno
eseguito un campionamento rappresentativo da un area vicino all’ingresso della
grotta, per poter studiare più in dettaglio la relazione tra la formazione
degli speleotemi e le colonie di microorganismi. Metà campioni sono stati
prelevati da stalattiti, l’altra metà da stalagmiti, e dalla prima descrizione
sul campo essi risultano soffici, friabili e porosi, di colore variabile
giallo-bruno, marrone scuro o rossiccio, laminati. Le laminazioni sono ondulate
e formate da alternanze di lamine porose, friabili, giallo-brune e bande più
dure e scure bruno-rossicce.
Hanno quindi operato alcune analisi in laboratorio:
·
Attraverso la riduzione in polvere
del campione hanno ottenuto diffrattometrie
ai raggi X e spettrometrie di massa,
due analisi che sfruttano rispettivamente il diverso angolo di diffrazione dei
raggi X ed il diverso rapporto tra carica e massa in atomi diversi, per
riconoscere gli elementi contenuti.
Da questi hanno visto quindi che la composizione tipica dei
campioni è di Ferridrite (formula Fe2O3·H2O). Inoltre
le impurità più significative sono Al, Mn, Ca e Mg, mentre gli elementi rari
più abbondanti Ba, Co, Sr, V, Zr, Y, La, Ce, Pr, Nd, Zn and Ni.
·
Hanno svolto uno studio biologico
sul DNA, riconoscendo i diversi genomi presenti
per risalire alle specie batteriche attualmente predominanti.
·
Studiando al microscopio elettronico a scansione (SEM) hanno notato nelle
stalagmiti la presenza di laminazioni in tutte le stalagmiti e livelli che
presentano strutture da microstromatoliti (filamentose, ramificate, colonnari o
grumose). Tra un livello e l’altro frequentemente si riscontrano superfici
erosive o micro-discontinuità. In assenza di strutture microstromatolitiche
hanno riscontrato altri tipi di strutture biocostruite.
Le stalattiti invece mostrano un’organizzazione concentrica di
livelli mineralizzati, che possono essere rotti, troncati o formare strutture
convolute. Alcuni livelli presentano delle microstrutture filamentose, mentre
altri più intensamente mineralizzati non presentano strutture.
I due morfotipi fondamentali (classificati cioè
utilizzando come criterio la loro forma) sono Gallionella ferruginea e Leptothrix
ochracea. Queste due specie però non appaiono predominanti nello studio
biologico, o perché non ci sono grosse colonie di Gallionella e Leptothrix
ancora viventi, o perché risulta difficile risalire alla presenza di questi
batteri attraverso analisi biologiche.
Il fatto però che questi batteri producono strutture
mineralizzate, e la loro capacità di precipitare ferridrite, li rende i
migliori candidati come biocostruttori principali.
In conclusione, tutti gli
studi effettuati dimostrano il ruolo fondamentale dei microorganismi nella
formazione degli speleotemi della grotta di Buracos. Oltre alle colonie viventi
presenti ed all’evidenza delle strutture microstromatolitiche biocostruite, la
presenza dei batteri fa sì che si formino soprattutto ferridriti, e non, come
naturalmente sarebbe, ossidi di ferro più stabili come Ematite e Goethite.
Sarebbe da andare a
vedere!!
Al prossimo post!
Reference:
de los Ríos
A., Bustillo A., Ascaso C., Carvalho M.R. (2011) Bioconstructions in ochreous speleothems from lava tubes on Terceira Island
(Azores); Sedimentary Geology 236 (2011), pp. 117–128.